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Parliamo di cover d’autore: Hallelujah (Leonard Cohen)

Nel 1988, un anno dopo l’uscita della versione originale del brano, Bob Dylan ne fornì un’interpretazione dal vivo durante un concerto al Montreal Forum.[26] La prima cover ad essere pubblicata fu invece registrata da John Cale, ex leader dei Velvet Underground, che realizzò un nuovo arrangiamento del brano. Quando chiese a Cohen il testo originale, ottenne 15 pagine di diverse strofe scritte originariamente per il brano, tra le quali Cale scelse di utilizzare solo quelle che riteneva fossero più pertinenti.[27] La sua cover fu inserita nella raccolta-tributo a Cohen intitolata I’m Your Fan [27] del 1991.

La versione interpretata da Cale fornì la base anche per la cover incisa nel 1994 dal cantautore americano Jeff Buckley,[28] che si ispirò molto all’arrangiamento della precedente cover.[27] La sua versione, inclusa nell’album Grace, è oggi considerata la più famosa tra le cover del brano.

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Hallelujah (Leonard Cohen)

Hallelujah è una canzone scritta e interpretata dal cantautore canadese Leonard Cohen per l’album Various Positions, pubblicato nel 1984.

Il brano fu pubblicato come singolo, insieme al lato B The Law, ma inizialmente non ebbe alcun successo commerciale. Nonostante questo, nel corso degli anni si susseguirono molte reinterpretazioni di Hallelujah, ad opera sia dello stesso Cohen, che ne modificò ripetutamente il testo, sia di molti altri artisti.

La prima cover della canzone risale al 1991 e fu incisa da John Cale. Da allora sono state incise oltre 180 reinterpretazioni del brano, e molti altri sono gli artisti che hanno ripetutamente eseguito il brano dal vivo nel corso dei loro concerti. La canzone è stata inoltre oggetto di un documentario del 2008 andato in onda su BBC Radio 2 fa parte di innumerevoli colonne sonore cinematografiche e di telefilm ed è stata spesso usata nell’ambito di competizioni canore televisive come The X Factor e Idol.

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Letteratura

Città vecchia di U. Saba

Vi propongo una strana interpretazione di Città vecchia, la poesia di Umberto Saba che ispirò De Andrè.

Questo filmato è stato realizzato con le immagini che il fotografo Pietro Opiglia, a servizio presso il comune di Trieste, realizzò nell’inverno 1925-26, per documentare la zona di Città Vecchia prossima ad essere modificata dai piani urbanistici che si attuarono tra 1925 e il 1939. Queste fotografie, conservate presso la Fototeca dei Civici Musei di Storia ed Arte di Trieste, vennero esposte nel 1927 in occasione della mostra “Trieste scomparsa e prossima a scomparire”.

Il testo di Città Vecchia di Umberto Saba è interpretato da Denis Fantina, Monica Hill, la musica è di Loriana Lana e gli arrangiamenti di Giorgio Costantini.
Montaggio a cura di Elisa Vecchione.

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Letteratura, musica

Città Vecchia di F. De Andrè

Questa canzone di De Andrè è stata censurata prima di essere pubblicata. ve la propongo nella versione originaria.
(Le note scritte sotto sono reperibili all’indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=N9uMzcSNFCM&list=PL793874159BC65947&index=11)

Nei quartieri dove il sole del buon Dio
non dà i suoi raggi
ha già troppi impegni per scaldar la gente
d’altri paraggi,
una bimba canta la canzone antica
della donnaccia
quello che ancor non sai
tu lo imparerai
solo qui fra le mie braccia.
E se alla sua età le difetterà
la competenza
presto affinerà le capacità
con l’esperienza
dove sono andati i tempi di una volta
per Giunone
quando ci voleva per fare il mestiere
anche un po’ di vocazione.

Una gamba qua, una gamba là,
gonfi di vino,
quattro pensionati mezzo avvelenati
al tavolino
li troverai là, col tempo che fa,
estate e inverno
a stratracannare a stramaledire
le donne, il tempo ed il governo.

Loro cercan là, la felicità
dentro a un bicchiere
per dimenticare d’esser stati presi
per il sedere
ci sarà allegria anche in agonia
col vino forte
porteran sul viso l’ombra di un sorriso
tra le braccia della morte.

Vecchio professore cosa vai cercando
in quel portone
forse quella che sola ti può dare
una lezione
—————————————-­————
1° Versione (censurata):
…quella che di giorno chiami con disprezzo
specie di troia
quella che di notte stabilisce il prezzo
alla tua gioia.
—————————————-­————
2° Versione (dopo censura):
…quella che di giorno chiami con disprezzo
pubblica moglie
quella che di notte stabilisce il prezzo
alle tue voglie.
—————————————-­————

Tu la cercherai, tu la invocherai
più di una notte
ti alzerai disfatto rimandando tutto
al ventisette
quando incasserai delapiderai
mezza pensione
diecimila lire per sentirti dire
“micio bello e bamboccione”.

Se ti inoltrerai lungo le calate
dei vecchi moli
In quell’aria spessa carica di sale,
gonfia di odori
lì ci troverai i ladri gli assassini
e il tipo strano
quello che ha venduto per tremila lire
sua madre a un nano.

Se tu penserai, se giudicherai
da buon borghese
li condannerai a cinquemila anni
più le spese
ma se capirai, se li cercherai
fino in fondo
se non sono gigli son pur sempre figli
vittime di questo mondo.

La prima versione di “La città vecchia”, incisa nel 1965 semplicemente col nome di Fabrizio, conteneva una strofa che venne censurata e che De Andrè dovette modificare per ottenere che la canzone venisse diffusa, quella in cui parla del professore: “vecchio professore cosa vai cercando in quel portone – è la versione più nota – forse quella che sola ti può dare una lezione quella che di giorno chiami con disprezzo pubblica moglie quella che di notte stabilisce il prezzo alle tue voglie’. In origine, il cantautore aveva invece scritto:”quella che di giorno chiami con disprezzo specie di troia quella che di notte stabilisce il prezzo della tua gioia. Questa canzone è divenuta, prima attraverso un sempre più vasto successo di pubblico poi anche per la critica, un po’ il simbolo dell’universo poetico di De Andrè.
“La città vecchia” non è solo una delle più importanti canzoni di De Andrè, ma costituisce anche una buona base per illuminare le sue scelte artistiche e linguistiche. “La città vecchia” di De André è una rielaborazione-traduzione di una poesia di Umberto Saba intitolata anch’essa “Città vecchia”.
Nel testo di De Andrè, rispetto a quello originario di Saba, vi è un maggior realismo accompagnato a una semplificazione del lessico, delle immagini e dei concetti e irrobustito da un fortissimo gusto narrativo. De Andrè, nella chiusa, preferisce inserire un’apostrofe rivolta all’ascoltatore e un atto d’accusa all’ipocrisia borghese.
Presentando La città vecchia durante un’esibizione del ’97, De André disse: “è una canzone del 1962, dove precisavo già il mio pensiero. Avevo 22 anni, adesso ne ho… E il mio pensiero non è cambiato, perché un artista, a qualsiasi arte si dedichi, ha poche idee, ma fisse. Io credo che gli uomini agiscano certe volte indipendentemente dalla loro volontà. Certi atteggiamenti, certi comportamenti sono imperscrutabili. La psicologia ha fatto molto, la psichiatria forse ancora di più, però dell’uomo non sappiamo ancora nulla. Certe volte, insomma, ci sono dei comportamenti anomali che non si riescono a spiegare e quindi io ho sempre pensato che ci sia ben poco merito nella virtù e poca colpa nell’errore, anche perché non ho mai capito bene che cosa sia la virtù e cosa sia l’errore”. Tale conclusione sostiene e giustifica le commosse parole finali di questa canzone, che già nel titolo richiama una celebre poesia di Umberto Saba, intitolata appunto Città vecchia.

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Historica

Santi che vengono dal mare

Una costante nella nascita dei miti cristiani è quella del simulacro del santo arrivato dal mare; la venuta dal mare è una struttura mitica presente in tutta l’area mediterranea antica, a testimonianza di un continuo scambio culturale, oltreché commerciale, tra i popoli delle diverse sponde del mare Mediterraneo.

Madonna del Mare attribuita a Sandro Botticelli o Filippino Lippi

In questo tipo di narrazioni si racconta che popolazioni infedeli siano state costrette ad abbandonare l’immagine dipinta o la statua di un santo in un determinato territorio, per tempesta o per altro evento; l’immagine sacra sia stata poi raccolta dalle popolazioni locali e messa su un carro trainato da buoi; segue un trasporto secondo un percorso mai esattamente stabilito e, ad un certo punto, la sosta degli animali e la loro ostinata decisione di rimanere in quel luogo, quest’ultimo atteggiamento viene interpretato come la manifestazione della volontà del santo ad avere costruito in quel luogo un proprio tempio.

Questo tipo di mito sottostà per esempio alla nascita del culto della Madonna di Trapani e di quella di Custonaci (sempre in provincia di Trapani), nonché al culto di S. Agata a Catania che ha delle interessantissime analogie coll’antico culto egizio di Iside.

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Letteratura

Ancora sulla poesia

Torno sul post di ieri. La “convenzionalità” della poesia erotica può essere compresa da alcuni esempi della nostra tradizione letteraria.

I poeti della Scuola Siciliana di Federico II cantano di donne con occhi celesti, capelli biondi e carnagione chiara. Se penso a Palermo, al luogo fisico dove è situata la reggia di Federico (ora chiamata Palazzo dei Normanni), al quartiere circostante, Ballarò, alle persona che lo popolavano nel XIII secolo e lo popolano tuttora, immagino donne con caratteristiche somatiche molto diverse da quelle cantate dai poeti, immagino donne di carnagione scura, occhi castani, capelli neri (…e magari i baffi): nella migliore delle ipotesi, come esempio di donna siciliana tipo, mi viene in mente Maria Grazia Cucinotta ma non certamente quel tipo di figura femminile cantata dai poeti della scuola di Federico II.

E allora i vari Giacomo da Lentini, Pier delle Vigne e altri dove avrebbero conosciuto queste donne tanto cantate? E’ facile rispondere: sui libri dei poeti provenzali! I trovatori del secolo XII cantavano di donne “chiare” con caratteristiche normanne, i poeti siciliani avevano imparato da loro e “riusavano” le stesse …modelle. Ecco dunque un manifesto esempio di distacco tra la vicenda biografica del poeta e il modello femminile da lui cantato.

Stessa cosa fa Dante e la sua brigata di Stilnovisti, i modelli poetici sono sempre gli stessi, le donne con le caratteristiche nordiche presentate dai trovatori. Dante però è esplicito in questa cosa: nella canzone della Vita Nova Donne ch’avete intelletto d’amore si rivolge chiaramente alle donne che hanno una cultura (intelletto) che consenta loro di capire il discorso letterario fondato sull’amore.

Dunque il discorso poetico d’amore non è espressione di un sentimento individuale ma è una produzione letteraria che rispetta regole compositive codificate nel corso di una lunghissima tradizione che parte da Saffo (o poco prima) e attraverso i secoli, tocca Callimaco, Catullo, Dante, Petrarca, Leopardi fino ad arrivare a …Lucio Dalla e altri.

E proprio del compianto autore bolognese, gay dichiarato, vi dedico questa bella canzone.

 

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